Indagine congiunturale Confapi sulle PMI italiane
27 Mar 2024

Indagine congiunturale Confapi sulle PMI italiane

«Dobbiamo guardare i Paesi che hanno abbondanza di manodopera e formare i profili professionali che servono alle nostre imprese», spiega al Corriere della Sera il Presidente nazionale di Confapi, Cristian Camisa.

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Il Corriere della Sera – Economia, lunedì 25 marzo scorso, ha pubblicato l’intervista al Presidente di Confapi Cristian Camisa, a seguito dell’indagine interna sulle sfide che le Piccole e Medie Imprese italiane stanno affrontando e sugli scenari futuri.

Un’intervista articolata che tocca i principali argomenti legati al mondo dell’impresa, tra fatturato, manodopera, investimenti ed energia.

Riportiamo di seguito l’articolo completo:

L’indagine di Confapi sulle piccole e medie imprese italiane è come il carotaggio sui ghiacciai: serve a capire le cause di ciò che è successo e prevede con una certa affidabilità gli scenari futuri. Analizzando il secondo semestre 2023 emerge che quasi il 40% delle piccole e medie industrie italiane ha registrato un incremento della produzione.

È una delle evidenze più lampanti dell’indagine realizzata dall’Ufficio Studi di Confapi. Nel dettaglio: il 27,17% ha registrato aumenti dall’1% al 10%; il 7,39% dall’11% al 20%; il 14,35% un aumento di produzione di oltre il 20%.

A trainare l’economia è sicuramente il mercato interno. Il 39,07% dichiara di aver incrementato il proprio fatturato proprio all’interno dei confini nazionali e di questi, il 25,17%, dichiara di aver registrato un incremento dei volumi di affari sino al 10%. Solo il 12,65% ha incrementato la quota di fatturato totale grazie al commercio estero all’interno dell’Unione Europea, mentre il 10,93% grazie a quello extra Ue.

Il problema più complesso è quello legato alle risorse umane: diventa sempre più difficile per una Pmi trovare il candidato adatto a ciò che serve e si tratta, generalmente di operai specializzati. Non a caso dall’indagine emerge che il 62,61% delle piccole e medie industrie ha difficoltà a reperire figure professionali rispetto ai propri fabbisogni aziendali.

Dallo studio emerge in particolare che le aziende hanno difficoltà a trovare operai specializzati (48,75%), tecnici (31,46%), manodopera in generale (2o%), informatici (9,17%) e figure apicali come manager o dirigenti (7,09%).

«Si tratta di un fenomeno complesso da affrontare — spiega Cristian Camisa, presidente di Confapi — dopo il Covid è cambiato l’atteggiamento dei giovani nei confronti del lavoro: non sono più disponibili a cambiare la loro qualità della vita e mettono come requisito prioritario l’equilibrio tra vita privata e lavoro. L’inverno demografico del paese peggiora la situazione a cui sia aggiungono anche fenomeni come i neet (giovani che non studiano e non lavorano). Noi abbiamo pensato a una sorta di servizio civile, a carico dello Stato, che preveda l’esperienza lavorativa a tempo di giovani nelle Pmi. Altro intervento utile sulle risorse umane sarebbe quello di una detassazione degli straordinari come incentivo a una maggiore produttività». Il 42% delle piccole e medie industrie, negli ultimi sei mesi dello scorso anno, ha avuto dimissioni volontarie dai propri dipendenti. La percentuale più significativa di tale dato si ha nella soglia tra 1 a 3 lavoratori dove si sono avute dimissioni per l’88,24% dei casi.

«Dobbiamo guardare i paesi che hanno abbondanza di manodopera e formare i profili professionali che servono alle nostre imprese — continua il presidente di Confapi — In tal senso Confapi partecipa alla cabina di regia del piano Mattei ed è impegnata in progetti che prevedono la possibilità di formare giovani africani in molti dei 23 paesi che hanno aderito al progetto. Le Pmi dovranno avere un ruolo di primo piano e più centrale nel nostro sistema: sono le imprese che rappresentano un modello di industria che ha sempre dato certezze al paese anche nei momenti più critici».

Dall’indagine emerge un cauto ottimismo dato da alcuni fattori positivi: primo fra tutti che per l’anno 2024 il 58,54% delle imprese ha intenzione di effettuare nuovi investimenti e il 74,73% dichiara che investirà di più rispetto a quanto fatto l’anno passato. Un segnale di fiducia ed ottimismo da parte delle imprese.

Tra gli ambiti di investimento preferiti dalle imprese campionate vi sono i mezzi di produzione (53,38%), i sistemi digitali (40,21%), il capitale umano (30,96%), la sostenibilità ambientale (29,54%) e più di un quarto delle imprese intende anche investire in attività di ricerca e sviluppo. Particolarmente significativa, infine, la quota parte di imprese che investirà in materia di salute e sicurezza (18,15%).

Anche la questione energetica ha una rilevanza determinante per il futuro delle imprese: qualora non si riuscisse a pervenire all’autonomia energetica implementando forme di energia alternativa, bisognerebbe investire anche nell’energia nucleare pulita; ne è convinto il 74,72% del campione di imprese di Confapi.

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